Benché molto giovane, in procinto di laurearsi all’Accademia Albertina di Torino, l’artista piemontese Rebor, ha già saputo proporre una ricerca personale, degna di attenzione per la sua profondità e per la sua articolata complessità. Le sue opere sono sempre una interpretazione di ciò che accade attraverso il filtro della sensibilità dell’arte.

Rebor ha metabolizzato il percorso che ha attraversato la nostra Nazione e il mondo intero a causa della Pandemia dapprima con l’Opera “Alla Ricerca di un riparo” situazioni estreme che ha generato moltissime condivisioni e consensi. Recentemente l’artista è tornato con “Riconoscersi”.
Di seguito il commento dell’artista diffuso contestualmente a “Riconoscersi”
Durante questa Pandemia siamo stati coinvolti direttamente o indirettamente da situazioni drammatiche: persone care ci hanno lasciato, molti si sono allontanati dai propri affetti più cari. La crisi mondiale che ne è nata, ha fatto esplodere situazioni di conflitto sociale che erano latenti. E’ avvenuto negli USA, con i casi di razzismo che hanno creato un movimento mondiale nell’opinione pubblica contro le discriminazioni. Viviamo in un tempo estremamente fragile, dove noi come esseri umani ci troviamo di fronte a grandi mutamenti: dobbiamo aprire gli occhi prima che sia troppo tardi. Ci troviamo in un sistema così complesso che ha bisogno di trovarci preparati ogni momento, per le pressanti informazioni che ci piovono addosso. Luciano Floridi parla a proposito di “Infosfera”: un mondo ormai saturo di notizie, in cui facciamo affidamento indicatori invece che su reali esperienze, condividiamo e promuoviamo una cultura di PROXY. Da poco negli USA è stato vietato il celebre film, “Via col vento” perchè conterrebbe anche scene razziste all’interno del film. Per contro il film ottenne tra i premi Oscar, quello alla attrice di colore per il ruolo di “Mammy” non protagonista, in empatia per la sua interpretazione con il pubblico. Questa atmosfera dovrebbe metterci in guardia dato che è un film che rispecchia la massacrante Guerra Civile del 1861, in cui l’economia del sud si basava sulla schiavitù come “principale interesse materiale del mondo” per chi possedeva schiavi nei campi di cotone. A furia di cancellare la storia finiremo per dire che il razzismo non è mai esistito. Possiamo guardare alla storia che ci sta alle spalle con occhi umani di verità? Nei miei lavori, l’amore, la speranza, segnano la prerogativa di noi umani.
Rebor – Marco Abrate