Immuni alle differenze di genere (?)

L’immagine di copertina diffusa e condivisa dal profilo Instagram @stylemagazineitalia sintetizza, attraverso l’estro dell’illustratore Andrea Bozzo, l’interpretazione inclusiva dell’arte della controversa campagna di comunicazione dell’app antipandemia.

Immuni

Alla fine Immuni ha adeguato l’immagine sul sito istituzionale dedicato all’applicazione. Una leggerezza impensabile in un contesto storico in cui da più parti è stata denunciata l’iniquità della condizione femminile in relazione ad una gravosità di incombenze che ha messo molte donne in condizioni di dover scegliere tra lavoro e gestione della propria quotidianità.  Durante la pandemia ci sono state moltissime campagne di comunicazione e molte denunce a voce alta di questo scivolone e la app immuni è dovuta correre ai ripari perché ha commesso una “leggerezza di troppo” in relazione agli stereotipi.

Come sottolineava Ella Marciello Copywriter e Direttrice Creativa tra le autrici della campagna Hella Network sul gendergap : “L’app #immuni non è un app rivolta alla famiglie, ma alle persone”. 

Evidentemente ci sono reticoli culturali davvero difficili da sradicare anche di fronte alla quotidianità in cui abbiamo sperimentato in prima persona questo confinamento culturale.

Ella Marciello Copywriter e Direttrice Creativa

“Il tema della comunicazione e della rappresentazione deve diventare un tema #politico.
 – prosegue la direttrice creativa– L’immagine tanto discussa in questi giorni è stata ribaltata: quello che è interessante notare è come questo cambio di rappresentazione suoni ai più come un bellissimo contentino. Il punto cruciale però è comprendere quanto gli stereotipi di genere influiscano sulla vita di tutti i giorni, nella banalità di un disegno volto a rappresentare delle categorie. E finché non capiamo che le persone hanno il sacrosanto diritto di sentirsi complete e soddisfatte delle proprie scelte senza per forza allinearsi a dogmi societari non abbiamo capito a fondo ciò di cui stiamo parlando. Ed ecco perché credo fermamente che il tema comunicazione sia già ma debba ancor più essere un tema politico: perché parliamo di budget in relazione all’inclusione, al rispetto e alla sicurezza delle persone di sentirsi rappresentate. L’innovazione non è soltanto un’app di contact tracing ma un’evoluzione della società che passa anche dalle sue rappresentazioni, che hanno l’enorme potere di influenzare e consolidare i ruoli e gli stereotipi di genere, indicando sempre le stesse strade, perché considerate le uniche possibili. Ancora una volta passa l’immagine della donna che si esprime solo nel lavoro di cura dei figli opposta a quella dell’uomo iperproduttivo sempre al lavoro per portare a casa il pane. Questo stiamo dicendo agli uomini e alle donne e questo stiamo ribadendo alle bambine e ai bambini: non c’è altro destino. Beh, no. Non in un messaggio istituzionale, non nel 2020, non da una Ministra. No.”

La cultura, la capacità di integrare differenze che non devono descrivere ma completare, restano elementi fondamentali su cui investire  a partire dalle giovani generazioni. La pandemia tra gli insegnamenti ci lascia anche questo messaggio. I bambini e le bambine di oggi devono avere gli strumenti educativi per superare clichè obsoleti come il termine che li descrive verso il raggiungimento di un nuovo equilibrio delle parti adeguato alla società moderna in cui viviamo.

“È chiaro come il gap parta principalmente da un sistema patriarcale che ancora, inconsapevolmente o meno, è alla base della nostra cultura occidentale. Questo sistema continua a porre il modello “maschile” come soggetto universale su cui centrare l’intero ordine culturale. Nonostante ci siano stati progressi, la parità di genere non è stata pienamente raggiunta e l’ultimo episodio dell’APP Immuni ne è stata la prova più eclatante che, per fortuna, ha fatto discutere. “ – ha detto la psicologa clinica e scolastica dr.ssa Roberta Giusto – Il canale principale della costruzione sociale dell’identità e del ruolo di genere è il processo di socializzazione primaria. L’ingresso nel mondo sociale è caratterizzato dall’assegnazione a una precisa categoria sessuale sulla sola base della conformazione degli organi sessuali. Successivamente questa assegnazione diventa uno status, segnalato da diversi indicatori che vanno dalla scelta del nome all’abbigliamento appropriato in base al genere. Questa scelta è dettata in primis dai genitori, che incoraggiano i loro figli a comportarsi in modo differente secondo le aspettative del gruppo sociale e della cultura di appartenenza diventando, i bambini, oggetto di pratiche educative strettamente collegate al loro sesso. Nei bambini sono, ad esempio, più tollerati comportamenti poco condiscendenti rispetto alle bambine da cui ci si aspetta un comportamento più docile, empatico ed incline alla cura. Questa piccola ma sostanziale differenza è alla base di quello che abbiamo potuto tristemente notare nella scelta delle immagini per l’APP Immuni.

Roberta Giusto psicologa clinica e scolastica

Da una parte un uomo “forte” che deve lavorare e dall’altra una donna “empatica” che deve rimanere in casa per svolgere il suo ruolo primario di madre. Come se il solo esser nata donna e quindi capace fisiologicamente di portare avanti una gravidanza, la costringesse a mettere da parte tutto il suo potenziale come donna di successo e in carriera. Questo modus operandi è definito struttura sociale che a sua volta plasma le nostre strutture cognitive, cioè quegli schemi di pensiero e di percezione con cui osserviamo il mondo a cui apparteniamo. Pertanto la continua riproduzione di determinati schemi di pensiero porta inevitabilmente e inconsapevolmente (alle volte) ad una totale adesione del dominio maschile. Quello che più fa riflettere e che questa adesione proviene dalle stesse donne che iniziano, sin da piccole, a far proprie le aspettative sociali (dell’essere sottomessa, gentile, dedita alla famiglia, sottopagata nel mondo lavorativo, ecc.) inibendo quelle aspirazioni che non ci si aspetta dal loro genere: senza che ci siano divieti espliciti, insorge così una sorta di “impotenza acquisita”. Questo fenomeno racconta di giovani ragazze che tollerano, in modo persino naturale, l’ordine sociale così com’è e anticipano in qualche modo il loro destino, rifiutando numerose opportunità per perseguire quello che sarà il loro destino finale. A fronte di queste consapevolezze, – conclude la psicologa Giusto –  è chiaro come bisogna iniziare a svolgere sia un’educazione di genere nelle scuole, inclusa nel programma formativo, e sia una rieducazione di genere verso i genitori che dovranno fare il più grande sforzo: quello di modificare la loro visione del mondo, soggetta purtroppo a inconsapevoli pregiudizi e preconcetti, per lasciare ai loro figli una società più tollerante, non giudicante e alla loro altezza”.

Immuni

Nel frattempo l’applicazione volontaria e anonima voluta dal governo italiano, che notifica ai cittadini l’esposizione al coronavirus,  ha superato i 100mila download in meno d 24 ore dalla sua pubblicazione nei negozi di Google e Apple, tra i 100mila e i 500mila download sul Play Store, il negozio di applicazioni per dispositivi Android. Apple non rende noto il numero dei download, ma Immuni risulta al primo posto della classifica delle top app gratuite. Le recensioni sono più di 2mila sul negozio di applicazioni di Apple, e superano le 3.500 su quello per dispositivi Android. I pareri ovviamente non entrano nel merito del funzionamento della app, ma spaziano da chi ha avuto qualche difficoltà nell’istallazione a chi ne apprezza l’interfaccia e a chi, infine, sostiene Immuni come strumento per combattere il Covid-19 ed esorta gli altri utenti a scaricarla.

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